[DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da HappyFra »

Meraviglioso Valby! Senza virgola, proprio tu. :vicini:
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Valby
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da Valby »

@beppogo ho letto il tuo racconto della Stralugano e l'ho trovato molto interessante! Scrivi molto bene e dovesti farlo più spesso :D per esempio vorrei leggere dove hai poi migliorato il tuo personale sui 10K ;) :thumleft:

@happyfra solo una parola: Grazie! :hail: :beer: :emb:
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da Beppogo »

@Valby, grazie mille ! :thumleft: il mio se cosi si può dire PB su 10k risale sempre alla StraLugano, ma nell’edizione 2012 57 min, di quell’edizione ricordo che affrontando l’ultima curva prima del rettilineo finale,la curva del casinò (come a Monte Carlo :winner: ) eravamo un gruppetto di 5 o 6 runner e uno dei volontari ci ha gridato “ dai che siete sotto l’ora “, lo sapevo già ma mi ha fatto piacere l’incitamento.
Quest’anno per problemi ad un occhio (niente di grave) ho corso solo la StraLugano se non avrei scritto di più, mi rifarò l’anno prossimo…, correndo e scrivendo di più
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Valby
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da Valby »

Finalmente sono a casa, in Italia. Posso davvero chiamarla casa? Mi sono chiesto spesso questa cosa negli ultimi anni. Dicono che "casa é dove batte il cuore", ma questo non semplifica affatto il compito di dar risposta alla domanda: "dov'è casa?". Effettivamente non posso chiamare casa la Danimarca, ma quando torno in Puglia mi rendo conto che al ritorno alle origini torna un uomo cambiato, un Englishman in New York, direbbe forse Sting.

Oggi correre con 14 gradi e il sole é stata una sensazione di gioia, una boccata di ossigeno dopo un paio di mesi al buio e al freddo. Gennaio e Febbraio non aiuteranno, lo so. La neve non ha ancora fatto capolino e nemmeno le temperature sotto zero. Tutta una nuova sfida per me, che fino all'anno scorso entravo in letargo già da fine ottobre, dopo l'ultima mezza maratona della stagione.

E proprio di una di queste vorrei raccontare oggi, la Rock'n'Roll Lisbon Half Marathon, del 15 ottobre del 2017, un mese dopo la torrenziale esperienza di Copenhagen descritta poco tempo fa su questo thread. Corsa e terminata anche se, come scoprirete alla fine di questo racconto, non posso vantarmene fino in fondo.

Lisbona é bellissima, una città che mantiene una autenticità delle sue tradizioni nel mezzo di nuove e più moderne architetture. In fondo il Portogallo é un paese di santi e di navigatori come il nostro, con un amore per lo stile di vita mediterraneo in cui un Italiano entra in sintonia in un battibaleno. Facile scegliere di correre qui, soprattutto quando l'inverno nordico inizia a reclamare il suo spazio, accorciando le giornate e stendendo un'ombra minacciosa, che so già durerà fino ad Aprile.

La combriccola di questa avventura é più nutrita. Alla mia amica Cristina si aggiunge una coppia di amici, lui farà la mezza e lei la sua prima 10K (ennesimo caso di una coppia in cui avviene la trasmissione della passione della corsa... estremamente contagiosa!), e una quarta persona, Antonia, venuta solo per condividere il viaggio. Benissimo così, la corsa non é integralismo o esclusione, ma tutto il contrario: apertura mentale e unione.

Arrivati all'Expo, iniziano le prime avvisaglie di quello che sarà questa esperienza: una navigazione come Vasco da Gama nelle terre finora inesplorate, della disorganizzazione più totale.

Il primo problema é evidente: sono finite le T-shirt per correre. Come é possibile? Siamo a sabato, nemmeno tardi: non saremo i soli. E del resto, come é possibile? Che abbiano ordinato meno maglie dei partecipanti, o perso degli scatoloni sulla via, é in ogni caso qualcosa di inconcepibile. Riceverò una maglietta adidas in cotone (anche abbastanza scadente, si é infeltrita dopo un paio di lavaggi ed é usata come pigiama estivo oggi), zeppa di sponsor.

La seconda scoperta é più subdola ma altrettanto importante: sono finite le spillette porta numero. E ora? Ci dirigiamo alla ricerca di una merceria, é sabato e abbiamo poche ore prima che i negozi chiudano, costringendoci a inventarci soluzioni creative. Dopo un paio di km e di tentativi infruttuosi, cerchiamo il negozio.

Il negoziante ci vede, sa già, e ci indirizza direttamente al reparto. Non siamo i primi, non saremo gli ultimi, del resto in tanti sono lì dentro con lo stesso intento. Compriamo le pin che ci servono. Ne hanno di vari tipi e quelle classiche stanno terminando: domani qualcuno correrà con spillette oro, o forse fucsia metal.

Ma se questi sono dettagli che possono annoiare al momento, c'é di peggio. Come scoprire, la mattina della gara, che i bus di trasferimento alla partenza sono già terminati. Le indicazioni erano sinceramente scadenti, e ci siamo trovati davanti ad una amara realtà: non sappiamo come arrivare da Praca do Commercio, dove siamo, al Ponte di Vasco da Gama, dove si parte.

Bisogna pensare in fretta e farlo bene: abbiamo un'ora e mezza di tempo, forse abbondante, ma non lo sappiamo con certezza. Si va. Lasciamo le borse e teniamo del denaro. Cerchiamo un taxi.

Troviamo una piazzola di sosta con dei tassisti che ci spiegano che é inutile cercare, gli é stato comunicato che gli accessi al ponte sono chiusi. Rabbrividiamo. Non sarò in grado di disputare una gara? E questo per negligenza nostra e dell'organizzazione? Non ci credo, non posso e non voglio. Bisogna pensare veloce.

Cristina ferma un tuc-tuc (foto), una specie di Ape Piaggio modificato, tipico mezzo di trasporto di Lisbona (e non solo) per turisti, per spostarsi agevolmente in città sfidando il traffico. Spieghiamo la situazione. L'autista, Felipe, è un inguaribile ottimista: uno di quei tizi dallo sguardo di chi ha affrontato sfide anche più difficili, sempre con quel sorriso ampio e solare, stampato sul volto. Quei sorrisi che non puoi spegnere nemmeno se volessi. Abbiamo capito all'istante: se c'é una persona che potrà portarci alla partenza, questa é Felipe.

Il viaggio verso il ponte Vasco da Gama diventa quindi una surreale quanto piacevole visita di diversi luoghi di Lisbona, che si fanno sempre meno turistici mentre ci allontaniamo dalla piazza. Il lungomare é chiuso, in quanto luogo di svolgimento della gara: bisogna muoversi su strade alternative. Felipe muove il tuc-tuc con padronanza, mischiando portoghese col suo stentato inglese. L'occhio va sull'orologio: nonostante la lentezza del mezzo, dovremmo farcela.

I problemi non sono finiti: lo stesso percorso della gara é una diga fatta di transenne e strade chiuse. Le arterie principali sono presidiate da pattuglie della polizia nazionale. Felipe si avvicina, chiedendo di passare, spiegando... in fondo é un tuc-tuc, siamo palesemente corridori. Niente. Immagino una conversazione fatta di procedure, protocolli, sicurezza e di tanti, troppi no. Non si passa. E non si passerà su altri 2 incroci. Il pessimismo serpeggia, l'entusiasmo della ritrovata speranza aveva ceduto il passo ad un nervoso silenzio.

Incontriamo un gruppo di tre (belle) ragazze, due russe e una da Costa Rica. Camminavano anche loro con lo stesso problema. Ci vedono, le vediamo e diciamo a Felipe di fermarsi. Lui capisce e le fa salire, la solidarietà é una caratteristica dei runner e non avremmo potuto proseguire pensando a 3 ragazze lasciate per strada. Si va...

Sarà il karma, o la fortuna di aver incontrato dei poliziotti con più buon senso, ma qualcuno prende un walkie-talkie e comunica qualcosa. Si attende... ci fanno passare! Entusiasmo alle stelle, ma Felipe ci dirà che é una mezza vittoria.

La buona notizia é che le autorità hanno predisposto un punto di ritrovo per i tanti runner (saremo un 300 a occhio e croce) che non hanno potuto usufruire della navetta. La cattiva é che, per motivi di sicurezza, non potremo partire dallo start, ma da dopo il ponte. Sgomento e incredulità: correremo 4 km in meno, e ci perderemo la parte più suggestiva della gara, il passaggio sul ponte da Gama! Ma non é certo colpa di Felipe e non possiamo farci nulla.

Felipe ci lascia, paghiamo (anche le tre ospiti contribuiranno) e raggiungiamo il nutrito gruppo di partenti. Ci dicono che partiremo solo quando la testa della corsa é passata, il che accadrà tra mezz'ora. Almeno c'é il tempo per riscaldarsi... cerchiamo il lato positivo.

Vediamo la testa della corsa sfrecciare, e gruppi sempre meno veloci e più umani approcciarci. Ognuno decide di mischiarsi nel serpentone al momento opportuno. Cerco il punto giusto per inserirmi e mi butto dentro. fa caldo e non voglio forzare, i miei primi 5 km saranno poco sotto i 6 minuti a km.

La gara prosegue sul lungomare in un percorso poco turistico che é caratterizzato da un caldo opprimente. Ci sono quasi trenta gradi, e poco vento nonostante il passaggio sul mare. Sono indeciso se togliere la maglietta. Lo farò per un tratto. Quanto vorrei una secchiata d'acqua addosso! Cerco di mantenere la stessa andatura, ma faccio più fatica. Il battito cardiaco sale e col senno di poi, forse avrei dovuto rallentare e godermela di più. Ogni tanto un filo di brezza arriva come una carezza, ma é solo un'illusione. è una giornata arida di vento e prodiga di sole. Com'é lontana la Danimarca, penso!

L'ultimo tratto proprio a Praca do Comercio lascia il mare, beffardamente appena é in vista il traguardo. Curvando a destra, una salita taglia gambe ci ricorderà che mancano ancora 4 km e non saranno facili. Nonostante debba correrne in totale circa 16, sento il bisogno di tagliare il traguardo. Mi immagino con una medaglia al collo e qualcosa di fresco da bere. Immagino la cena: mangeremo baccalà ascoltando le tristi melodie dei suonatori di Fado?

Per ora l'unica triste melodia é l'affanno del mio respiro. Devo rallentare, guardo il dato delle pulsazioni e non mi piace. Non c'é personal best, non c'é nemmeno la distanza finale da garantire: decido di fare gli ultimi 2 km a circa 7:00 min/km. Concentriamoci sulle emozioni, sul percorso, sulla gente.

Si, perché la gente c'é ed é tanta ad incitare e spronare (la musica in realtà non mi ha impressionato, nonostante fosse una gara del circuito RnR), e focalizzarmi su di loro mi da una carica, unita al fatto che il tratto in salita é diventata discesa. Si scende al traguardo, si va a prendere la medaglia.

Avrò come risultato ufficiale solo il gun time, un numero senza alcun senso. Non posso dire di aver terminato la gara, ma non é colpa mia. Non a caso, Rock'n'Roll pochi mesi dopo avrebbe comunicato senza spiegazioni particolari la scelta di cancellare definitivamente l'evento portoghese dal loro circuito.

La sera avremmo parlato tanto di quella esperienza, la ricerca delle spillette, la corsa in tuc-tuc, Felipe, e tutto avrebbe avuto un senso diverso con la musica del Fado. Perché correre non é andare da un punto A a un punto B nel più breve tempo possibile. È una sfida a sé stessi che trascende il senso fisico dello spostamento. è la paura di non arrivare al traguardo, e in alccuni casi quella di non arrivare alla partenza. È l'apprezzamento di persone che si supportano l'un l'altra, creando rapporti di fiducia che durano molto più di 21, o 16 chilometri.

In fondo correre ha il sapore dell'emergere in mezzo alle difficoltà. Un sapore intenso, denso e inebriante come un bicchiere di vino porto invecchiato 10 anni...
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JJruns Utente donatore Donatore
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da JJruns »

Un altro piccolo gioiello, Valby! =D> =D> :beer:
Leggendo pensavo tra me e me, deve correre una maratona! Perché se riesci a inchiodarci allo schermo nel raccontare una mezza maratona, beh... con una maratona ti vien fuori un best seller!
Corri! :D
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elisa udine
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da elisa udine »

straquoto!!!!
21km: 1h36'33" 2020
42km: 3h24'02" Cividale 2019
6h: 70,3km Biella 2021
75km: 7h21'20" Ob Mrzli Reki 2019
100km: 9h18'51" Imola 2021
viewtopic.php?t=40338 :flower:
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Beppogo Utente donatore Donatore
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da Beppogo »

@Valby, grande !
Hai saputo raccontare al meglio anche un esperienza "organizzativamente” non proprio al top, per usare un eufemismo, complimenti anche per il self control, concordo con JJruns chissà che cosa tireresti fuori da un resoconto di maratona, o trail…, dove gli spunti paesaggistici e di ambiente di gara sono molto variati, attendiamo i racconti delle tue altre mezze maratone.
Buone Feste a tutti
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victor76 Utente donatore Donatore
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da victor76 »

Un altro gran bel racconto, Valby! Complimenti a te e anche a Felipe che ti è riuscito a portare (vicino) alla partenza :D
5 km: 21'20'' (4'16''/km) ---10 km: 43'54'' (4'23''/km)
21 km: 1h35'29'' (4'32''/km) --- 30 km: 2h37'57'' (5'15''/km)
42 km: 4h07'29'' (5'52''/km)
--- 6 ore: 50,506 km (7'08''/km)

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Valby
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da Valby »

Grazie! Effettivamente sono tutte esperienze che in un certo senso arricchiscono, e soffermarsi sui buchi organizzativi é importante, ma caricarsi addosso la loro negatività non serve a nulla... meglio divertirsi con gli aspetti tragicomici del caso!

Ho deciso di provare a scrivere qualcosa sulla mezza di Napoli, corsa a Febbraio di quest'anno. La mia quattrordicesima mezza maratona, e la prima in Italia. Strano eh? In effetti ci sono tanti bei posti da visitare al mondo e in Europa per correre, e quindi ho sempre rimandato questo battesimo sul suolo natìo. Ma questa volta avevo deciso. C'erano diversi motivi.

Il primo é che non amo correre al freddo, quindi fare per la prima volta una mezza a Febbraio presuppone la scelta di una destinazione mediterranea. Secondo, a Napoli ho studiato e vissuto per sette anni, prima che la vita mi portasse altrove. A parte una visita fugace qualche anno fa, ci mancavo da 18 anni. E 18 anni fa mi ero laureato in Ingegneria, proprio nella zona della partenza e dell'arrivo, esattamente il 24 Febbraio. Il giorno della gara. Piccole coincidenze che non ho voluto sottovalutare. Un paio di click sul sito di Napolirunning ed ero iscritto. Trovare un Airbnb nella zona di Fuorigrotta per me che ci ho vissuto tanti anni é stato un gioco da ragazzi.

Ho subito sentito Massimo, un amico storico con il quale sono cresciuto. Gli amici con cui trascorri il periodo di transizione da essere adolescente a uomo, sono quelli che quando guardi negli occhi hanno uno sguardo speciale. Il tempo non si ferma, ma i loro occhi sono uno specchio che rievoca emozioni passate, quando il problema più grande era un esame da preparare, o una ragazza da conquistare. Che bello avere 20 anni!

La nostra generazione di laureati in Ingegneria a cavallo tra l'avvicendamento di due secoli é fatta per gran parte di persone che hanno lasciato il capoluogo partenopeo - e in genere, il Sud - per andare dove il lavoro c'è. Comunitá più o meno grandi si sono ricreate in Lombardia (dove anche io ho due fratelli), coalescendo come piccole gocce in comunità più grandi, quasi con naturalezza adattandosi a ritmi diversi, riducendo i contatti con le radici.

Del resto, quando si mettono radici in un posto nuovo, spesso dimentichiamo che le abbiamo dovute dissotterrare dalla terra in cui siamo germogliati.

Massimo accetta molto volentieri di incontrarmi, e passiamo una bellissima serata. Ha deciso di scegliere la famiglia rispetto alla carriera, accettando un lavoro più "normale" che gli consentisse anche una buona quantità di tempo libero. Pizza, birra, ci spostiamo nei luoghi storici della nostra amicizia. Sono cambiati ma non importa. Il tempo vola e alle 2 dobbiamo salutarci, con la speranza di non far passare altri 18 anni.

Il sabato é il giorno del ritiro pacco gara, non esaltante, compresa la qualità della maglietta (la medaglia sarà più bella, e nel 2020 bellissima). Espletando rapidamente le operazioni nella zona dedicata nella Mostra d'Oltremare, mi avvicino al mio vecchio Triennio di Ingegneria, per prendere il treno verso il centro. Incontro lì George, un ragazzo di origini asiatiche, zainetto del pacco gara sulle spalle, che si guarda attorno.

Gli chiedo se vuole andare in giro con me, conosco i posti e non ho di meglio da fare. Sorride e mi ringrazia (lo farà molte volte nel corso della giornata). In fondo la cosa più bella della corsa é la comunità che si crea, gli incontri e le esperienze. George sta preparando la Maratona di Boston, e correrà Napoli e Varsavia a fine marzo come tappe di questa preparazione. Mi dice che punterà sull'ora e mezza per non spingere troppo domani. Mi chiedo cosa significhi spingere per lui, io che, non essendomi allenato per nulla nel freddo della Danimarca, ho come obiettivo finire, possibilmente sotto le 2 ore e mezza.

Riviera di Chiaia, Piazza Plebiscito, Spaccanapoli, rivedo zone che spiego e racconto a George con una naturalezza che sorprende anche me: i ricordi arrivano, prima farraginosi poi fluenti, come se un tappo sedimentato da 18 anni fosse saltato improvvisamente. E vengono in mente ricordi su ricordi, un bacio dato, una risata tra amici, una disavventura conclusasi a lieto fine, le speranze di un tempo.

Andiamo a mangiare in un ristorantino tipico della zona di Chiaia, e glisso sul fatto che George, ascoltate le mie raccomandazioni sulla cucina napoletana, ordini una... carbonara. Mi chiedo, tra me e me, se prenderà il cappuccino alla fine del pasto, per onorare lo stereotipo del turista straniero in Italia. Lo farà.

Io prenderò degli scialatielli con un ragù che si vede essere fatto "a mestiere" dalla densità e consistenza. Diceva De Filippo che il sugo che cuoce meno di 6 ore "nunn'é rrau, é carne c'a pummarola", cosa su cui concordo ampiamente. Sanno effettivamente di casa.

Continuiamo a girare e facciamo il primo incontro con il protagonista assoluto del giorno dopo: il vento. Questa edizione sará caratterizzata da una presenza costante di vento da ovest, che soprattutto sul lungomare di Mergellina taglierà le gambe a tutti. Un vento che non ricordo di aver sperimentato in 7 anni di permanenza in città. Intanto vediamo Castel dell'Ovo, il Maschio Angioino, sempre più costretti a ripararci nei nostri abiti, ora però insufficienti. George ringrazia ogni volta che vede qualcosa che non sarebbe riuscito a trovare da solo, o ad apprezzare appieno. La cosa mi fa piacere, e io ringrazio lui: il giro é molto più bello con la sua compagnia, e le sue storie di corridore giramondo, come me e più di me.

Saluto George che é già tramonto, e torno verso Fuorigrotta, Continuare la mia scorta di carboidrati nella sontuosa pizzeria "50 Kalò" a Piedigrotta. Ormai tutto é pronto e solo una notte di sonno mi separa dalla mia prima mezza maratona italiana. È stata una lunga giornata, meglio riposare.

La mattina di domenica il vento é veramente forte, e ci sono 6 gradi. Sei. Penso all'ironia di non essermi allenato per colpa del freddo (ma la colpa é solo mia), di aver scelto una mezza maratona nel paese del sole. Il sole c'é in realtà, ma non scalda. E se lo facesse, il vento la farebbe comunque da padrone.

Mi riscaldo o almeno ci provo, prima di partire dal rettilineo di viale Kennedy, che ci porta alla grotta che da Fuorigrotta porta a Mergellina. Inizio a passo regolare, senza guardare il cronometro. Voglio mettermi al passo che il mio corpo sente di tollerare. Non scherzo, non mi sono mai allenato. È sbagliato, é anche pericoloso, lo so.

Il percorso é quasi totalmente un "bastone" che porta da Fuorigrotta al bellissimo lungomare di Mergellina con vista Vesuvio, Castel dell'Ovo e Maschio Angioino per poi passare alla iconica Piazza Plebiscito. Metá gara si raggiunge al porto, per poi rientrare per lo stesso percorso.

La partecipazione del pubblico é praticamente inesistente, ma il vento e il freddo scoraggerebbero in molti. Vedo un paio di pettorali per terra, strappati dal vento. Mi tengo il mio quando le folate si fanno insistenti.

Il mio passo é molto regolare, ma mi fermo ai ristori. Va bene così, mi rendo conto di aver bisogno di prendere fiato più che liquidi, per quei 10-15 secondi. Il vento é mio nemico, mi fa raggelare, ma quando é totalmente assente, inizio a sentire caldo. Penso all'ironia della cosa: é una giornata in cui azzeccare l'abbigliamento é praticamente impossibile. La bellezza del percorso, nonostante sia ridondante nella sua ripetitività, aiuta a distrarsi. Si toccano davvero tutti o quasi i punti di notorietà del capoluogo partenopeo, e per me tanti ricordi: un ristorante, una piazza. Sette anni volano ma sono sempre sette anni, in cui un ragazzino di 17 anni alla prima esperienza fuori di casa ha lasciato il passo a un ingegnere 24enne pieno di speranze.

Il 17esimo km mi riporta da 50 Kalò dove ho mangiato bene la sera prima, e di nuovo nella grotta di Fuorigrotta, di cui ho omesso un particolare ben noto a chi partecipa a questa gara: la sua pendenza. I 125 metri di guadagno quota di tutta la gara sono praticamente per gran parte concentrati in questo tratto. All'andata, in discesa. Al ritorno, ahimé, in salita.

Inizio a pagare il conto, la mancanza di allenamento si fa sentire. Chiudo il km in 7:25 ma soprattutto, non vedo l'ora che i 3 km mancanti siano alle mie spalle.

Non guarderò più il mio Garmin, so che chiuderò in un inglorioso 2h25' circa. Ma non importa, lo sapevo già. Quello che importa davvero, e il motivo per cui non sento l'esigenza di guardare il mio passo, la distanza da colmare, é tutt'altra.
Sta arrivando la parte meno scenografica del percorso, ma più importante per me: ecco i luoghi dove ho vissuto passarmi davanti.
Non sono più io ad avanzare, sono i luoghi dei miei 20 anni che mi vengono incontro. Narrando ognuno la sua storia. Mi sento come in una macchina del tempo.

Passo davanti alla via dell'appartamento in cui ho litigato con altri coinquilini, e ho deciso di andar via. Passo davanti ad altri due posti dove ho vissuto, esperienze di convivenza molto più edificanti. Il bar dove facevo spesso colazione. La pizzeria Di Napoli, il cui titolare si chiama proprio Gennaro di Napoli (probabilmente una delle migliori a Fuorigrotta). Meno 2 km!

La mia università! Casa di amici. Le scalinate dove mangiavamo il panino tra una lezione e l'altra... manca 1 km!!!!

E finalmente arriva lo striscione della partenza che - orrore! - non corrisponde all'arrivo, c'é un altro tratto a zig zag nella Mostra d'Oltremare che porterà all'arrivo. Chiudo i 21.7 km in 2h 24' 15", constatando che la vista di questi ricordi a me familiari mi ha aiutato addirittura a recuperare qualche secondo. Ma non é quello l'importante. Sento George, ha chiuso la mezza in 82 minuti e qualcosa. E menomale che non doveva spingere!

Continuo la sera il mio tour della città e dei carboidrati. Penso alla solita gara chiusa in sofferenza e ben sopra le due ore, e a George e il suo tempo eccezionale, ottenuto a suo dire senza spingere. Penso che dovrei onorare meglio il mio correre e viaggiare. Non é solo sbagliato, ma anche pericoloso. Non correrò più, non un solo chilometro, fino a fine giugno. Poi, per fortuna qualcosa é cambiato, qualcosa é scattato nella mia mente.

(Ma questa é un'altra storia...)



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Ultima modifica di Valby il 29 dic 2019, 22:51, modificato 1 volta in totale.
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Re: [DIARIO] In viaggio con le scarpette in valigia

Messaggio da Beppogo »

Grande Valby, complimenti sai sempre trasportarci sul percorso, parli di un tempo lento dovuto allo scarso allenamento, ma sono convinto che in una città cosi piena di ricordi, è un peccato correre forte…deve esser stato come correre nella macchina del tempo.
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