Ahahah eccomi qua!
Diciamo che trovo degli spunti letti nell'articolo, estremamente interessanti. Se il lutto dell'oggetto affettivo viene visto anche come perdita dovuta ad una rottura affettiva, da psicologo posso dire che in parte mi ci ritrovo. Ci sono rotture (che possono essere lutti veri e propri, ma anche rottura con un partner, la perdita/allontanamento di un caro o di un amico...) che ti segnano e che germogliano in stimoli profondi a cui non possiamo dare una contingenza fattiva, perché sono insiti in noi. Sinceramente spesso, sia in gara che in periodi di carico in allenamento, mi attacco agli affetti, ai lutti, alle cose brutte e a le cose belle. D'altronde sono principalmente le motivazioni a renderci "Ultra"...
Ultrarunning's my way I miei racconti Seguimi su Strava
HM: 1h22'54" Jesolo'15
M: 2h56'23" RE'15
6h: 72,72k Lupatoto'14
100k Passatore'15: 9h06'14"
24h: 198,08k C.B.'17
antonin artaud diceva: nessuno ha mai scritto, dipinto, fatto musica ed io aggiungo corso le ultra se non per uscire di fatto dall'inferno. Aldilà di questo ognuno di noi ha la sua motivazione. Ciao
Chi tifa Juventus avvelena anche te, digli di smettere. Ciao Davide cuore viola
Facciamo una cosa: bandiamo MarcelloS che è l'unico giocondo e parliamone!
Secondo me una psicoterapia di gruppo, per giunta anonima, potrebbe aiutare...
Io corro perchè sono sempre stato obeso e sottovalutato (o forse ero io che lo facevo), mai spronato dai genitori a fare sport da piccolo perchè ciccione e se chiedevo di andare (volevo fare basket) mi sminuivano dicendo che avevo i piedi piatti o che non c erano soldi (che loro si fumavano letteralmente). Appena ho potuto mi sono pagato la palestra e ho cominciato il mio percorso. Beh lo dico sinceramente, lo faccio per essere qualcuno con me stesso e dentro di me mandare a fan..lo chi non ha mai creduto in me (quindi anche me stesso). I primi 10k, poi i primi 21, i primi 42, la prima minultra da 50, il primo 80k per me sono stati una rivincita, un modo per sentirmi qualcuno perchè il lavoro non mi soddisfa e se non avessi mia moglie e la corsa non sarei quello che sono.
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La pratica dello sport è un diritto dell'uomo.Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport senza discriminazioni di alcun genere e nello spirito olimpico,che esige mutua comprensione, spirito di amicizia,solidarietà e fair-play.
La storia di Betana è una sorta di Forrest Gumpismo, in cui i tutori che saltano in mille pezzi mentre lui corre a perdifiato inseguito dai bulli è simbolo di una vittoria su certi legami che ci impediscono di essere noi stessi. O la crisalide che di lacera per far volare la farfalla.
Però il lutto è una cosa diversa: uno corre e vuole soffrire per una specie di catarsi per superare un lutto (materiale o sentimentale che sia) o per sostituire qualcosa che gli è stato tolto.
Credo che le due cose sia diverse.
Personalmente none frega niente della rivincita perché francamente anche se ho preparato una maratona da zero, sono sempre zero e la corsa non è che mi dia qualcosa in più rispetto a tutto il resto. Anzi me lo toglie.
Corro perché mi piace.
Se proprio vogliamo insinuarci negli aspetti psichici posso dire che può darsi che mi faccia sentire più giovane o che una certa gratificazione dell'Ego ci possa essere, ma insomma non ho solo la corsa a rendere più o meno piacevole la mia povera vita ...
@ Betana, ti ringrazio anche io per avere condiviso la tua storia. Complimenti per la tua determinazione e per aver sempre creduto in te! Bravo, non è da tutti, davvero.
Ora lasciatemi dire le mie ovvietà. Non esiste quasi più il lutto nella nostra società. Le nostre nonne portavano il nero, e per un po' non partecipavano a certe attività sociali. Nella religione e cultura ebraica per una perdita grave ci si strappa un pezzo di camicia in corrispondenza del cuore; l'uomo non si rade per un mese, e tornerà a farlo solo dopo essere stato persuaso dai suoi cari. Queste tradizioni possiamo vederle come un'imposizione, una rigidità di regole imposta a chi già soffre. Ma forse è invece più rispettosa dell'umano, e fornisce il tempo per ricordare, per farsi domande di senso, per soffrire. E fornisce un sistema di riti per significare, per affrontare e toccare quanto di più irrazionale e inenarrabile esista, la morte.
Non credo assolutamente che gli ultrarunner scelgano questo sport per affrontare lutti e perdite, ma che qualcuno trovi in un percorso di allenamento che richiede tempo, e tempo da soli con se stessi e con i propri pensieri, e che comunque ha un fine, un traguardo, ecco, che vi trovi una via per vivere il suo lutto, visto che socialmente non abbiamo più nessun aiuto per affrontarlo... beh mi sembra assolutamente possibile.
But just because it burns, doesn't mean you're gonna die
You gotta get up and try, and try, and try
Quando mia madre è morta qualche anno fa per quasi due anni sono rapidamente passato a lavorare 18 o 20 ore al giorno fino ad arrivare ad un punto in cui era diventato praticamente insostenibile. Penso fosse un modo di scaricare in qualche modo il dolore interiore (non riuscivo ad esternarlo), la rabbia e la frustrazione per quella perdita improvvisa.
Se avessi praticato qualche attività sportiva probabilmente avrei usato anche quella come valvola di sfogo.
... chi vuole iniziare? 
